Riccardo “Ghire” Innocenti intervista il bassista Simone Peruzzi dei “Meta muta”
MUGELLO – Prosegue la serie di interviste, alla scoperta dei musicisti mugellani, realizzate da Riccardo “Ghire” Innocenti. Ospite di questa puntata il bassista Simone Peruzzi, membro fondatore del gruppo Meta muta.
Intanto una dimensione femminile, perché crediamo che sia l’essere donna a poter dare una prefigurazione di cambiamento reale. Poi META (μετα), intesa come prefisso a significare cambiamento e superamento dei limiti, come per il metalinguaggio. Ma anche mutamento, quindi MUTA, esortazione a modificare e modificarsi senza indulgere nell’apologia dell’esistente. Ma MUTA è anche il rinnovamento, il cambio di pelle, l’ecdisi che scandisce l’evoluzione e la crescita che avviene sbarazzandosi del vecchio per darsi rinnovate sembianze. E ancora la META, come obiettivo da raggiungere e da non compromettere con pregiudizievole anticipazione. Quindi MUTA, finalità non dichiarata. Ma mai MUTA come silente acquiescenza. Quello no. Zitti mai.
La Meta muta è nata nel 2016 ed è nata come progetto politico basato sulla fratellanza delle persone che lo hanno fatto nascere – spiegano dal gruppo -. Ci siamo definiti subito “punk sumeri”. Simone basso e voce. Giorgio e Antonio alla chitarra e Maceo alla batteria. Colleen è entrata dopo un paio di mesi. Simone è l’unico superstite della formazione iniziale anche se Giampaolo è entrato un anno dopo quando Antonio è uscito dal gruppo. Della formazione iniziale è rimasto solo il concerto all’ARCI di San Piero per la raccolta fondi a sostegno della popolazione di Capricchia, frazione di Amatrice, colpita dal terremoto. Siamo arrivati alla pandemia portando avanti il progetto dei punk sumeri ma poco prima del lock down c’erano già avvisaglie di crepe nella fratellanza. Giorgio e Maceo dopo il lock down non sono rientrati.
Durante la chiusura, Simone e Giampaolo hanno dato vita a “Radio Metamuta on the air” un esperimento che è andato avanti per 150 puntate quotidiane e che ha garantito una comunanza di intenti che ci ha dato delle grandissime soddisfazioni sia per la nostra capacità di intrattenere rapporti significativi durante la pandemia che per le tematiche affrontate durante le trasmissioni. La radio è stata comunque un ponte tra il prima e il dopo del lockdown e ci ha permesso, usciti dall’emergenza di ricominciare a suonare. Inizialmente chiamando a bordo. Dante alla batteria poi, con il ritorno anche di Colleen alla voce. Per qualche mese c’è stata una breve collaborazione con Marco alla chitarra. In questo periodo la tensione “politica” si è un po’ spenta e dopo qualche mese sono usciti dalla band Colleen e Dante che però sono sempre rimasti parte della nostra comunità e partecipano ogni tanto a dei live. Nell’ultima fase sono entrati Elèna alla voce, Rocco alla batteria e Gioele alla chitarra e voce.
Negli anni la Meta Muta ha quindi visto girare intorno a sé un numero importante di musicisti e, soprattutto nell’ultimo periodo, l’ingresso di ragazzi molto giovani. L’intergenerazionalità è diventata un valore musicale e parte sostanziale della nostra presenza sociale. I “vecchi” che si aprono al nuovo con curiosità e i “giovani” che accolgono proposte musicali analogiche danno vita ad una eterogeneità che caratterizza sia i suoni che i contenuti deibrani. Lungi da essere un mix che difetta di una precisa identità, il cross over che ne deriva diventa elemento distintivo della nostra proposta. L’accesso al mondo della produzione musicale è ormai, nel mondo occidentale, un’opportunità per tutti. Il successo in questo mercato (e quanto male ci fa questa parola) è invece una questione legata alla possibilità di essere artefici di un prodotto (altra ferita che ci duole) in grado di alimentare il consumo in modo passivo la cui unica finalità è quella di vendere (e con questo concetto il dolore è definitivo).
Ecco, a noi non interessa fare un prodotto in grado di vendere sul mercato. Per noi suonare ha un valore sociale, legato alla voglia di vedere un cambiamento che parte dalla “bellezza” che è un collante essenziale. Niente può cambiare se ci si basa sul brutto. Chi vi rimanda al motto machiavelliano del “fine che giustifica i mezzi” è un nemico dell’essere umano. I mezzi devono prefigurare il fine. Quello che usiamo per cambiare deve assomigliare molto a quello che vogliamo ottenere. E la bellezza, l’arte, la musica devono avere, secondo noi, la capacità di descrivere questo cambiamento. Non riusciamo a scindere la musica dalla filosofia e dalla politica nella sua accezione nobile: tutto quello che attiene alla “polis”, alla città, ovvero alle relazioni umane che compongono il nostro stare insieme. Infatti il progetto politico della Metamuta si sostanzia non solo dei contenuti che cerchiamo di promuovere ma anche e soprattutto delle dinamiche che caratterizzano le nostre relazioni.
Quest’anno abbiamo cominciato a registrare i brani per un disco che sta per uscire. Abbiamo ripreso la logica punk del DIY (Do It Yourself – Fai da te). Infatti la registrazione dei brani del disco e l’ipotesi di distribuzione è e sarà in ottica DIY. Nel disco c’è una eterogeneità che potrebbe risultare anche indice di scarsa dimensione identitaria. Invece è il nostro punto di forza. Vogliamo valorizzare le diverse anime che ci sono in noi e stiamo facendole diventare un progetto musicale e politico. Si può stare insieme legando storia e memoria a novità e nuove sensibilità.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – novembre 2024
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