Mino Banti
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La Scheda:
Classe 1957, barberinese, Mino Banti prende la sua prima chitarra in mano a 17 anni. Erano gli anni d’oro del rock, e come sempre accade in questi casi, mette su con gli amici un complesso. Inizia suonando la batteria, si chiamano “Wild Mares Milk” (1978) e l’hard rock è il loro cavallo di battaglia e i Deep Purple il loro mito: con Banti suonano Paolo Guasti al basso, Paolo Parrini al clarinetto, Nevio Borsotti alla chitarra e Luca Nutini è il tastierista.
Poi iniziano anche a comporre brani, sempre in chiave hard rock, cambiano diversi nomi, ed anche con qualche cambio di formazione –Banti inizia a suonare la chitarra e a cantare- fino ad arrivare ai CA.RI.MO. (Castigat ridendo mores). “Si faceva un po’ di tutto, dai cantautori italiani al blues. Alla batteria subentrò Massimo Carpini, mentre il fiorentino Franco Tonini suonava la chitarra”. Tanti i concerti dei CA.RI.MO, tante sagre e soprattutto tante Feste dell’Unità, in tutta la zona. Il gruppo provava nel garage di Luca Nutini, per poi trovare come sala prove la vecchia Casa del Popolo di Bilancino, che era chiusa e abbandonata.
Poi qualche screzio interno e nel 1983 Banti lascia il gruppo e dal 1984 intraprende un’esperienza diversa, con altri musicisti, Renzo Vangi detto Tore – percussioni e voce, Alberto Del Panta – chitarra e mandolino. “Il nostro repertorio era fatto interamente da brani di cantautori italiani, da De André a Guccini e a Vecchioni”. Il trio, con nomi diversi, va avanti sino alla fine degli anni ’80. “Ci chiamammo “Nucleo Aperto” o anche semplicemente “Mino Alberto e Tore. Si suonava dove capitava, sagre, feste, e anche eventi a fini benefici come per Amnesty ed Emergency”.
Ma c’è anche un secondo Banti musicista. Quello che dal 1977 fa parte del gruppo dei Maggiaioli di Barberino di Mugello. Dove canta e suona la chitarra. “È un’esperienza formativa pazzesca –racconta. Fai l’artista di strada. E abbiamo suonato dappertutto, davanti a migliaia di persone in piazza del Duomo a Firenze o davanti a tre vecchine. È un’esperienza formativa speciale per un musicista. Quando arrivai io il gruppo era già formato, c’erano già una quindicina di persone. Entrai insieme a Paolo Parrini, e siamo arrivati fino a 30-35 persone, con un bel repertorio, frutto di ricerca e anche di composizione, visto che uno dei componenti scriveva testi: prendeva un’aria nota e ci metteva il testo com’è frequente nella musica popolare”. “Mettemmo su –continua Banti- uno spettacolo con personaggi straordinari, con caratteristiche incredibili: Edo Mongatti, Fernando Aiazzi detto Bordino, Adolfo Fiori, avevano storie da raccontare, un vissuto eccezionale, oltre ad essere dei cantori della tradizione del Canta Maggio”.
Banti con i Maggiaioli ha un’attività intensa: “Abbiamo girato l’Italia, la Toscana tutta, migliaia di sagre, siamo stati in Piemonte, Umbria, Emilia Romagna, due volte in Germania, abbiamo rappresentato la cultura popoare e contadina toscana davanti a delegazioni cinese, aperta la festa della musica in Santa Croce a Firenze, insieme alla Nuova Compagnia di Canto Popolare, ottenuto riconoscimenti significativi, e siamo ancora in azione. Ultimamente abbiamo collaborato con l’orchestra Sentieri Popolari di Roma, abbiamo fatto un cd, uscirà il dvd dello spettacolo, siamo stati due volte a Roma facendo 7-8 concerti. In teoria i Maggiaioli dovrebbe suonare e cantare solo la notte del 30 aprile, ma per noi non è mai stato così!”
Ma torniamo alla storia musicale “non folk” di Mino Banti.
Alla fine degli anni ’80, finita l’esperienza del trio, Banti crea un duo con Paolo Pulidori (peraltro anche lui nei Maggiaioli): suonano frequentemente nei locali come pianobar e questo accade fino al 1997-1998. “Ma – ricorda Banti- facevamo un pianobar particolare: suonavamo davvero, senza basi, preregistrate, batteria a parte, e con un repertorio particolare, Ci chiedevano Baglioni, e noi facevamo De Andrè, Guccini, Bob Marley, ma niente musica da discoteca o classici da piano bar come Baglioni e Cocciante, ma fatto, come Cocciante, mai fatti!”
Chiusa questa fase, “nel 1997 ho conosciuto un ragazzo incredibile: suonava tutti gli strumenti a corda possibili e immaginabili, Lanfranco Pieraccini. Venne ad abitare sotto le logge a Barberino, e con lui abbiamo creato un nucleo, formando poi un gruppo vero e proprio: due chitarre, io e Fabio Naldi, Pieraccini suonava il mandolino elettrico e Roberto Mochi la batteria, tutti barberinesi.
Si provava a casa mia, in una stanzina e per questo ci chiamammo “Banda Stretta””.
Poi il gruppo cambiò nome e divenne “Colpo di Mano”, scegliendo di proporre solo brani dei Nomadi, fino a diventarne cover band ufficiale. Ci furono alcune variazioni nella formazione: “Se ne andarono Lanfranco e Fabio ma arrivarono Roberto Sagrati di Firenze (chitarra elettrica), e Maurizio Brilli da Sesto (tastiere), Vincenzo Maira da Prato (basso) e per finire Checco Grandoni da Pistoia (voce), mentre Mochi rimase alla batteria. Si aggiunse poi Alessandro Bruno di San Piero a Sieve: lui era un polistrumentista, suonava violino flauto saxofono e chitarra”.
“Colpo di mano” va avanti per dieci anni, dal 2003 fino al 2013: “Abbiamo suonato tanto –ricorda Banti- e sono state esperienze belle: la Festa della Musica a Forlì, abbiamo suonato a Tarquinia in riva al mare, a Civitella Marittima abbiamo fatto una serata insieme a Shapiro, si è suonato a Scarperia per l’inaugurazione ai giardini intitolati ad Augusto Daolio e c’era anche la moglie di Daolio, abbiamo suonato alla Flog. E avevamo un bel seguito”.
Il gruppo fa una reunion dedicata a Roberto Mochi, nel 2018 in piazza Cavour a Barberino, ed è stato l’ultimo concerto. Qualche serata, dal 2013 al 2018 vi è stata, Andrea Laschi, batterista di Montelupo ha sostituito Mochi, ma il gruppo era arrivato al capolinea: “Ora stiamo sta cercando di rimetter su qualcosa ma siamo in fase di costruzione, non sappiamo come si chiamerà; d’altra parte eravamo una cover band riconosciuta ufficialmente, e ci dispiace lasciar cadere tutto. Anche se l’età va avanti…”
Ma Banti non vuol scendere dal palco. E nel 2014 ecco un nuovo trio: lui, Marco Ticci alla chitarra e Roberto Ciolli al violino. E’ “The Band Creek”, tutta dedicata al repertorio di De André. Il gruppo nasce per fare La Buona Novella, poi mette insieme “Storia di un impiegato”, poi si aggiungono altri brani, ma sempre e solo De André.
E con questo gruppo e i Maggiaioli –siamo nel 2020- Mino Banti continua a praticare la sua grande passione per la musica.
I miei gruppi
Wild Mares Milk (1978)
Colpo di mano
Maggiaioli di Barberino di Mugello
The Band Creek
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