La “Flora” di Marco da Gagliano
Creazione operistica di Marco da Gagliano (articolo qui) La Flora, o vero Il natal de’ Fiori, è una favola in musica in un prologo e cinque atti rappresentata per la prima volta a Firenze, a Palazzo Pitti nel Teatro degli Uffizi, il 14 ottobre 1628, a venti anni di distanza dalla prima opera La Dafne (articolo qui), in occasione del matrimonio di Margherita de’ Medici con Odoardo Farnese, duca di Parma e Piacenza.
Margherita era la figlia di Cosimo II de’ Medici, granduca di Toscana, e di Maria Maddalena d’Austria.
Il matrimonio con Odoardo fu voluto dal di lui padre, il duca Ranuccio I Farnese, al fine di rafforzare l’alleanza tra il ducato di Parma e il granducato di Toscana.
Il fidanzamento fu combinato nel 1620, quando entrambi avevano 8 anni e il matrimonio fu celebrato l’11 ottobre 1628 a Firenze e poi, nello stesso anno, a Parma.
Gli sposi furono accolti nel Teatro Farnese dove venne rappresentata l’opera Mercurio e Marte con musiche di Claudio Monteverdi2 e testi di Claudio Achillini.
Margherita fu reggente del ducato di Piacenza dal 1635 e dell’intero ducato dal 1646, anno della morte del marito, finché il figlio, Ranuccio II, non fu in grado di governare. Morì a Parma, il 6 febbraio 1679.
Odoardo fu il solo figlio maschio legittimo di Ranuccio I Farnese e di Margherita Aldobrandini. Iniziò a regnare sotto la reggenza prima dello zio, il cardinale omonimo Odoardo Farnese, poi, alla sua morte, avvenuta nel 1626, sotto la reggenza della madre. Nel 1628 acquisì pieni poteri ducali e si sposò con Margherita.
Per La Flora, Marco da Gagliano collaborò con un altro noto compositore della fiorentina Camerata de’ Bardi, Jacopo Peri, che compose le musiche per la parte di Clori, la ninfa del Tirreno.
Il librettista fu Andrea Salvadori, lo scenografo Alfonso Parigi.
Il soggetto dell’opera è molto semplice, la partitura è più ampia di quella della Dafne e sono prediletti i cori danzati. Cori che richiamano agli intermedi, quei momenti teatral-musicali che venivano inseriti tra gli atti dei drammi teatrali, al fine di intrattenere il pubblico.
L’opera si apre con il Prologo nel quale Himeneo inneggia alle nozze di Margherita con Odoardo, allacciandosi alla consueta tradizione celebrativa ed encomiastica dell’epoca.
Nell’atto primo Mercurio annuncia a Berecinzia, Dea della fertilità e della natura, che il Dio Giove ha deciso di donare alla terra i fiori, come corrispettivo delle stelle in cielo. Zefiro confessa a Venere, Dea della bellezza, di essersi innamorato di Clori, una ninfa del Tirreno. La Dea promette a Zefiro di conquistare l’amore della ninfa, nonostante i capricci e le ostilità di Cupido che si rifiuta di colpire con le sue frecce Clori, cercando di renderla nemica di Zefiro. Nell’atto secondo Clori dichiara a Zefiro di essere nemica di Amore. Intanto Mercurio cerca di placare Cupido e, quando questi si addormenta, gli toglie l’arco e le frecce. Sono i Satiri che lo svegliano e lo sbeffeggiano; a questi si aggiunge anche Venere che deride il figlio, ormai disarmato. Nell’atto terzo siamo nell’Inferno: Cupido è sceso fino agli Inferi per chiedere a Plutone di concedergli la Gelosia per poi farla insediare nel cuore di Clori. Cupido, nell’atto quarto, cerca di convincere il Dio Pan a raccontare a Clori che Zefiro ha un’amante, e fare altrettanto con Zefiro. Pan, sconvolto dalla richiesta, decide di abbandonare la terra di Toscana, in balia dei venti Austro e Borea. I venti sono calmati da Nettuno; Cupido lo prega di restituirgli arco e frecce che Venere, sua madre, dopo avergliele rubate con l’aiuto di Mercurio, gli aveva gettato in mare. È l’aquila divina di Giove che scende da Cupido a restituirgli i suoi dardi d’amore. La favola si conclude con le felici nozze di Clori e Zefiro, piangenti di gioia. Dalle loro lacrime nascono i fiori che inondano la terra. Clori, per questo, riceve il nome di Flora.
Si tratta di un’opera con soggetto e personaggi mitologico-allegorici.
Imeneo è il nume tutelare delle nozze, il suo nome è spesso utilizzato per indicare le nozze stesse, nell’opera infatti il nume annuncia la felice unione di Margherita con Odoardo.
Alla sua apparizione segue l’intervento di Mercurio-Ermes, messaggero degli Dei, che intercede tra Berecinzia, epiteto di Cibele, grande divinità femminile che rappresenta la grande Madre Terra, e Giove, figlio di Rea e Saturno assimilato dai Romani allo Zeus dei Greci, spesso chiamato Jupiter, “padre del giorno”.
A Giove si contrappone Plutone, figlio di Crono e Rea. Nella spartizione del mondo, dopo la vittoria degli Dei olimpici, facenti capo a Zeus, ebbe il regno dei morti. Anche nell’opera Plutone è collocato nell’Inferno, il regno delle tenebre, del buio, dell’oscuro, che per metà anno compete con il padre del giorno.
Venere, la Dea della bellezza, è strettamente legata alla Primavera, era festeggiata dalle donne romane il primo di aprile come Verticordia, cioè “la turbatrice dei cuori”. È la madre di Cupido-Eros, costantemente rappresentato come un bellissimo fanciullo alato, armato di arco e di frecce che rendevano irresistibile l’impulso amoroso per chiunque ne fosse colpito.
Accanto agli Dei soffiano i venti: Borea, Zefiro e Austro. Borea è il vento del Nord; Zefiro, suo fratello, è il tiepido e amabile vento dell’Ovest. La stretta unione di Zefiro con la stagione primaverile ha indotto molti poeti ad attribuirgli una prole copiosa; con Clori ha originato uno stuolo di venticelli che, dal suo nome, si chiamarono Zefiri. Austro è il vento del Sud, equivalente a Noto dei Greci.
Altro personaggio mitologico è il Dio Pan, forse figlio di Zeus, provvisto di barba, coda, corna e zampe caprine, simile ai Satiri, che viveva prevalentemente in Arcadia a contatto con pastori, cacciatori e ninfe per le quali aveva un debole. Si concedeva lunghi riposi e ricorreva al fatidico e terribile urlo, noto come “urlo panico” contro coloro che avessero osato disturbarlo.
Clori è la sposa di Zefiro, considerata madre dei venti che portavano collettivamente il nome del padre, rinominata Flora, Dea della Primavera e di tutte le piante. Il suo nome si lega ai fiori dai quali nasceranno i frutti promessi. È importante sottolineare che Marco da Gagliano, in questa creazione, si rivolge alla famiglia Medici; il titolo dell’opera, La Flora, può, per stretta assonanza con il suo nome latino Florentia, rappresentare sia la città di Firenze che, spargendo i suoi fiori, accoglie i due neo sposi in un’atmosfera di festosa rinascita, sottolineando come la ciclicità della natura corrisponda a quella della vita umana, sia la figura di Margherita de’ Medici alla quale si augura una vita felice e ricca di copiosa prole.
I duchi, Margherita e Odoardo, avranno, infatti, ben cinque figli: Ranuccio II Farnese, Alessandro, generale al servizio degli Asburgo, Orazio, generale della fanteria italiana in Dalmazia, Caterina, suora carmelitana, e Pietro.
L’opera di Marco da Gagliano rappresenta, ancora una volta, un grande e prezioso contributo spettacolare e celebrativo per il granducato mediceo, unitosi, in questa nuova occasione, a quello parmense-piacentino dei Farnese.
Sabrina Malevolti
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 28 dicembre 2016
Pingback: Il portale della musica del Mugello » Marco Da Gagliano