VICCHIO – Abbiamo chiesto a Stefano Morozzi, in qualità di portavoce dei ragazzi che fanno parte del progetto “Occhi di Bosco”, di raccontarci qualcosa di loro, alla luce dell’ultima esibizione al Teatro Giotto di Vicchio che ha riscosso un grandissimo successo.
Ve lo aspettavate? Siamo un progetto giovane, con nemmeno un anno di esperienza sulle spalle. Anche se fra noi c’è chi ha una certa dimestichezza con esibizioni dal vivo, non ci aspettavamo sicuramente che già dai primi passi saremmo stati sostenuti e incoraggiati da così tante persone.
Fare sold-out al Teatro Giotto di Vicchio è stata per noi una piccola scommessa: riuscire a creare una situazione intima e raccolta che solo un palco del genere riesce a dare, sostenendo più di 2 ore di musica con varietà di suoni, strumenti e musicisti.
Non sapevamo come sarebbe stato accolto questo sforzo di riunire in una serata più artisti, cercando di offrire il più possibile uno spettacolo vario e di qualità. A giudicare dai numerosi feedback siamo senza dubbio molto soddisfatti.
Che sensazioni avete avuto sul palco di Vicchio? È stata la prima volta che il progetto è entrato in teatro, e per alcuni di noi è stata la prima volta su un palco. La sala buia e silenziosa, i fari caldi che si accendono… è stata un’emozione forte e indescrivibile, che ci motiva ancora di più nella nostra missione: portare le canzoni di Fabrizio De André a contatto con le bellezze e le realtà del nostro territorio.
Da subito si è sentita la vicinanza e il calore del pubblico: il battere le mani a tempo, il cantare insieme, gli applausi… è stato come condividere il palco con più di 150 persone.
È stato bello anche vivere insieme la sana agitazione del camerino: l’inesperienza di alcuni si è mescolata con la sicurezza di altri. Ci siamo aiutati nell’allestire il palco, nella gestione delle luci e ci è piaciuto concludere la serata lasciando un ricordo a tutti i presenti. Siamo molto soddisfatti di ciò che abbiamo realizzato.
Le prime due esperienze di “Occhi di Bosco”, ai Diacci e a Latera, come erano andate? La nostra prima esperienza al Rifugio I Diacci è stata una sorpresa inaspettata e un bellissimo battesimo: ci siamo ritrovati nel mezzo del bosco, immersi nel nostro Appennino che tanto amiamo, circondati da circa 400 persone (stimati dalle prenotazioni del Rifugio) che hanno seguito con attenzione il nostro concerto. Ovunque vedevamo gente sdraiata sul letto del bosco, tra le fronde dei faggi, sull’erba… non ci aspettavamo di avere fin da subito un richiamo così grande. Circa un mese dopo, a settembre, ci siamo trovati sulle colline dell’Azienda Agricola Latera, accompagnando il tramonto con le musiche di De André. Un evento suggestivo e ricco di interventi musicali. La prima ai Diacci è stata un’emozione unica: era la prima volta che il nostro progetto prendeva corpo; la cornice naturale e l’atmosfera che si è creata con le persone ha fatto il resto. A Latera abbiamo differenziato di più il repertorio e il progetto è cresciuto, vista la collaborazione con molti altri musicisti della nostra vallata.
Com’è nata l’idea di questo spettacolo? Lo spettacolo è nato, in un certo senso, per dare una forma e una struttura ai dopocena passati a strimpellare in compagnia con gli amici e a qualche serata improvvisata. L’impegno per la realizzazione di questi eventi non è indifferente: ogni volta c’è da costruire il repertorio, coordinando tutti i musicisti, cercando sempre di portare al pubblico un’offerta di canzoni curate negli arrangiamenti, non banali e non ripetitive. Questo comporta un certo carico di studio e impegno per ognuno di noi, ma crediamo che soddisfazioni come quelle avute in questi mesi meritino tutti gli sforzi fatti finora. Quella che proponiamo è un’esperienza musicale “made in Mugello”, con la quale cerchiamo di portare il nostro contributo nella valorizzazione del territorio e del bagaglio culturale che un personaggio come De André ci ha lasciato in eredità, specialmente a noi giovani. Per fare questo crediamo che uno dei valori fondanti sia la condivisione. Siamo quindi alla continua ricerca di collaborazioni e stimoli provenienti dall’esterno.
Sul palco del Giotto si è unita al progetto la Dirty Old Band, che ha portato il suo tipico sound irlandese in pezzi come Sally, Il Bombarolo, Geordie e Creuza de Ma, con arrangiamenti originali e molto curati, veramente apprezzati dal pubblico.
Si sono uniti a noi anche Simona Pasquini al canto e Andrea Righini, che ha eseguito magistralmente gli accompagnamenti di pianoforte.
Per la seconda volta, dopo il battesimo del Rifugio I Diacci, è tornato con noi sul palco il Cantastorie d’Appennino Francesco Fuligni, con le sue versioni di Don Raffaè e La Guerra di Piero.
Agli scorsi eventi hanno preso parte al progetto musicisti del calibro di Andrea Sighieri, Francesca Maria Coeli, Marco Lompi, Iacopo Landi, Riccardo Betti, Tommaso Pacetti, Matteo Pampaloni, che di volta in volta hanno portato il loro contributo al progetto.
In ogni occasione, tutti i musicisti intervenuti hanno ricevuto molti apprezzamenti e la cosa ci fa senza dubbio molto piacere. Come ci fa piacere che il successo di ogni evento non sia legato all’esibizione o alla performance di un singolo, ma alla serata nel suo complesso (musicisti, cantanti, location…).
Il vostro rapporto con De André? Siamo tutti cresciuti ascoltando le sue canzoni, canticchiando La Guerra di Piero o Il Pescatore da bambini, fino a esplorare i mondi delle sue produzioni da più grandi. Ma non ci riteniamo dei nostalgici, (conserviamo pochi ricordi dell’attività del cantautore: quando è scomparso eravamo tutti bambini o quasi), ma amanti e appassionati della sua musica.
Proprio la musica è l’elemento centrale che vogliamo caratterizzi i nostri eventi: crediamo che al giorno d’oggi De André non vada tanto raccontato, celebrato o raffigurato, ma solamente suonato e condiviso con chiunque trovi piacere nel farlo. Ma questo, come abbiamo già detto, non può prescindere da uno studio attento e metodico delle sue canzoni.
Immagino non sia stato facile scegliere il repertorio…Non è stata assolutamente una scelta facile, tutt’altro. Ogni volta è difficile decidere quali canzoni escludere e quali inserire all’interno della scaletta. Se avessimo seguito il cuore, ci saremmo ritrovati con una scaletta infinita di canzoni.
A ogni evento cerchiamo di seguire la stessa linea, scegliendo sia brani più noti che canzoni meno famose, permettendo quindi a chi ci segue di riscoprire alcune delle sue produzioni.
Per la serata al Teatro Giotto, ad esempio, abbiamo dovuto mettere ai voti ogni singolo pezzo.
Allo stesso tempo, però, non vogliamo dare vincoli nella scelta dei brani a chi si unisce a noi nella serata come “ospite”. Chiediamo serietà e impegno nell’elaborazione dei brani e degli arrangiamenti, al meglio delle capacità di ognuno, cosa che, guardando tutti gli eventi passati, non è venuta indubbiamente a mancare da parte di tutti.
Ogni evento che curiamo, quindi, non è mai la copia di se stesso: ogni volta ci impegniamo nel variare non solo la scaletta, ma anche gli arrangiamenti stessi e gli allestimenti.
Occhi di bosco continua? E progetti per il futuro? Occhi di Bosco nasce senza grosse pretese di longevità, ma vuole essere il mezzo e lo strumento per esprimere la nostra amicizia e la voglia di condividere l’amore per De André e per il nostro territorio.
Lo facciamo suonando insieme in maniera seria e impegnata, uniti dalla volontà di creare qualcosa di bello.
Finché ci sarà chi avrà voglia di condividere con noi tutto questo, il progetto andrà avanti.
Per il futuro abbiamo già contatti con diverse realtà del territorio, abbiamo qualche idea sullo sviluppo del progetto e siamo in contatto con molti musicisti veramente in gamba della nostra zona… ma ovviamente non sveleremo niente.
Pietro Santini
(Fotografie di Emilio Fuliotti e Viola Ceccanti)
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 23 novembre 2019
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