PALAZZUOLO SUL SENIO – Enrico Maria Papes, storica voce baritonale del complesso “I Giganti”, ha recentemente pubblicato un nuovo disco, all’età di 83 anni, dal titolo “Canto quel che vedo” (disponibile qui): dodici brani inediti, tutti scritti da lui, e arrangiati e suonati da un gruppo di amici e straordinari musicisti. Papes, che vive a Palazzuolo sul Senio, racconta in questa intervista, rilasciata al quotidiano “La Lazione”, l’emozione di tornare a incidere alla sua età: “È una bella sensazione – afferma – e sto aspettando gli esiti, se si riuscirà a farlo girare e conoscere. Non è a caso la scritta “Ricomincio da 83”. Sto già pensando ad altre cose e sono sempre in movimento, per fortuna”.
Come potrebbe essere definito questo disco?
“Sinceramente non riesco a dargli un genere preciso. Cantautorato, ma potrebbe essere prog, in alcuni brani anche pop, faccio fatica a dare etichette”.
Chi ha lavorato ai brani?
“Un gruppo di straordinari musicisti, a cominciare dal mio vecchio amico Ellade Bandini che alla batteria è sempre un grande. Poi Pape Gurioli, Luca Bonucci, Mirko Guerra, Angelo Cappelli, Riccardo Naldoni, Roberto Manuzzi, Mattia Cappelli e Alice Maria Papes. Un disco che è stato registrato, in due anni di lavoro alla “Stazione” di Marradi da Angelo Cappelli”.
“Canto quel che vedo” è il titolo dell’album. Che vede Enrico Maria Papes?
“Non vedo molta bellezza in giro per il mondo, e credo che la copertina col mio volto che parafrasa l’urlo di Munch descriva perfettamente il mio stato d’animo. Le mie canzoni parlano così di immigrazione, di solitudine, di turismo sessuale ma anche di solidarietà amore verso gli animali, e dell’importanza dell’amore, con la A maiuscola”.
Com’è venuta l’idea del disco?
“La spinta decisiva è venuta nel 2022 quando mia moglie Rina se ne è andata. Stavamo insieme da 61 anni, e ha lasciato un vuoto incolmabile. Incolmabile, ma non per la musica, e allora mi sono detto, che musica sia, e ho ripreso in mano tanti miei brani composti negli ultimi decenni”.
E che ascolta oggi l’ex-cantante dei Giganti, che negli anni ’60 furono uno dei gruppi più conosciuti e acclamati, con brani come “Tema”, “Proposta – Mettete dei fiori nei vostri cannoni”, “Una ragazza in due”.
“Ascolto jazz, classica, musica etnica, ma le canzoni di oggi non ce la faccio proprio. Non voglio giudicare, ma è un altro mondo, un’altra storia, non è la mia, non la capisco più. In particolare non sopporto un certo tipo di rap, e neppure le canzonette con testi banalissimi”.
E’ cambiato molto anche il mondo discografico…
“Sicuramente, non ci sono più, salvo eccezioni, case discografiche, cd non se ne vendono. Il mio disco è un lavoro autoprodotto, lo si acquista solo su internet. Sai, quando ho terminato le registrazioni ho inviato qualche pezzo a due-tre case discografiche tra le poche rimaste. Mi hanno detto tutti, voce fantastica, canzoni belle, testi intelligenti, begli arrangiamenti, ma… Ma non è in linea. Allora se devo scrivere testi banali con arrangiamenti inesistenti, tutto l’opposto dei complimenti che mi hanno fatto preferisco non essere in linea. E non lo sarò mai”.
Concerti?
“No, concerti non ne faccio più, ogni tanto mi chiamano a fare ospitate in Tv, con Gian Pieretti, con Dino e altri. Ma non lo faccio molto volentieri, preferisco andare avanti piuttosto che guardare indietro”.
Perché ha scelto di vivere a Palazzuolo sul Senio?
“Sono nato e cresciuto a Milano, poi 19 anni in Veneto, ma questo paesino di mille abitanti è la mia dimensione. Vivo in mezzo al verde. Se esiste il Paradiso io credo sia come questo. E ci vivo da oltre trent’anni”.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 29 maggio 2024