VICCHIO – 25 anni di Funk Off. E’ nata nel 1998 la marchin’ band che ha portato in tutto il mondo il Funk Made in Vicchio. Ripercorriamo le tappe principali di questa fantastica avventura, che poi è principalmente quella di un gruppo di amici mugellani che hanno creduto in progetto e lo hanno coltivato, in questa lunga intervista con il fondatore, Dario Cecchini, e due dei membri che sono nella Funk Off fin dall’inizio: Giacomo Bassi e Nicola Cipriani.
Come è andata? Come è nata la Funk Off? “Era il 1998 – risponde Dario Cecchini – all’epoca avevo 35 anni e da quando ne avevo 25 facevo il musicista e avevo già avuto diverse esperienze. Nel 1996 avevo iniziato a lavorare con l’orchestra della Rai e con altri gruppi. Ma sentivo che nella musica bisognava mettere più empatia, più energia, più coinvolgimento. Anche nell’orchestra della Rai vedevo questi bravissimi musicisti che però suonavano la musica come se avessero dovuto battere a macchina un verbale. Con loro (si rivolge a Giacomo e a Nicola ndr) facevo già delle cose, facevo musica d’insieme e poi a Firenze avevo una big band al Cam (Centro attività musicali) dove insegnavo, e anche lì c’erano alcuni dei ragazzi vicchiesi, c’era ad esempio Andrea Pasi, Francesco Bassi, Luca Bassani, Paolo Bini”.
Chi sono i fondatori storici dei Funk Off insieme a te 25 anni fa? Partendo dalle trombe c’era Paolo Bini, poi c’era Luca Poggiali, che arrivò alcuni mesi dopo, poi Emiliano Bassi, Tiziano Panchetti, Sergio Santelli, Andrea Pasi, poi Matteo Giuliattini, che era un mio allievo di Borgo San Lorenzo. Poi noi tre (Dario Cecchini, Giacomo Bassi e Nicola Cipriani ndr) ai baritoni e poi Francesco Bassi al rullante, Alessandro Suggelli alla grancassa, Luca Bassani ai piatti, Daniele Bassi alle percussioni, Mario Rossi, Andrea Poggiali e facevamo le prove in un fienile a Rostolena.
“Quando lui ebbe questa folgorazione, questa idea, – interviene Giacomo Bassi – noi la vedemmo come l’occasione per suonare tutti insieme: fratelli, cugini, amici da una vita, ci ritrovammo tutti sotto la sua direzione, che era un po’ il punto di riferimento musicale. E non ci fu uno che disse di no. Anzi, per la verità un paio di ragazzi scelsero di rimanere fuori, chissà se a anni di distanza se ne sono pentiti”. Ricordo – interviene Cecchini – che lo domandai ad un ragazzo di Firenze che rispose di no, dicendo che avrebbe voluto fare il professionista e che quello nostro non era professionismo. Secondo me si è mangiato le mani”
“Noi – prosegue Bassi – avevamo un gruppo che si chiamava DoSus Band, poi c’era un altro gruppo che si chiamava Dizzy Dive, che facevano blues, mentre noi della DoSus Band facevamo già Funk ed Acid Jazz”. “Dario ci scriveva i pezzi – continua Giacomo – e per di tutti i sassofoni e di chi suonava le trombe era il punto di riferimento musicale. Questo già nell’86-87. Io avevo iniziato a studiare solfeggio con lui che avevo 15 anni, era il 1985″.
“Questa cosa di averci riuniti tutti è importante – continua Bassi – io ricordo che con la DoSus Band partecipammo a “Emergenza Rock” ed eravamo un discreto gruppo, con buone individualità che poi sono entrate nei Funk Off. Anche come DoSus Band tentavamo di allargarsi ad altri musicisti locali. Alla fine eravamo in 12, ma sul palco non puoi stare in 12 in quelle situazioni. Fino a che, quasi per scherzo, non sono nati i FunkOff, con la prima uscita il 24 Giugno, per San Giovanni a Vicchio”.

“Ricordo – afferma Cecchini – che la volta dopo suonammo a Borgo San Lorenzo. Era freddo, era il periodo di Natale; e mentre lasciavamo il centro iniziò a nevicare. Ma a nessuno di noi importava di bagnarsi ma si continuava a cantare. Allora pensai: “Vuoi vedere che qui in questo gruppo viene fuori qualcosa? Ora – continua – ci sono dei modelli, noi stessi siamo diventati modello per tanti altri. Ma a quei tempi era solo un’idea; e io iniziai a crederci tanto. Eravamo molto uniti. Io ero l’unico che aveva moglie e figli, loro erano tutti ragazzi giovani, avevano 8-10 anni meno di me, erano tutti ragazzi sotto i 30 anni, molti ancora studenti. Quindi c’erano amicizia e tempo. Vedevano la possibilità di veder nascere una cosa bella con i loro amici, con le persone con cui stavano bene. Per questo anche quando ci state discussioni o tensioni, come normale, poi c’era sempre la voglia di appianare”.
“La sintesi di tutti questi ragionamenti – interviene Nicola Cipriani – è un aneddoto che riguarda la prima fase dei Funk Off. Avevamo partecipato al festival che si svolge a Certaldo, a Mercantia, e il direttore artistico del festival nel libro su quella edizione ha ha raccontato che durante la nostra esibizione iniziò a piovere e c’era un ragazzo non udente che si commosse e iniziò a ballare insieme a noi. Ecco, questa cosa rimasta impressa in questo libro secondo me è un po’ la sintesi di quello che stiamo dicendo adesso: lui percepiva quello che stavamo facendo e che stavamo comunicando agli altri e a noi stessi”.
“E’ quello che deve dare la musica – spiega Cecchini – puoi essere bravissimo, ma devi dare emozioni. Ci sono giovani musicisti che sono strabilianti a livello tecnico, strumentale, di conoscenze armoniche, che fanno dei concerti perfetti; ma dai quali non arriva niente dal punto di vista emozionale. Noi siamo l’opposto, siamo molto emozionali. E anche il fatto di poter sbagliare non è un problema, non è un problema l’errore, le note sono solo veicoli di emozione. Quindi se sbagli una nota magari ti porta da un’altra parte” “Meglio farla giusta – ride e interviene Bassi – con Dario accanto meglio farla giusta!”.
Come è nato il rapporto con Umbria Jazz? “Ricordo – afferma Cecchini – che andavo a Umbria Jazz da spettatore. Poi grazie a Fabio Stucchi, che era il nostro manager all’epoca e che ringrazieremo per sempre, siamo arrivati a Perugia. Riuscì a farci prendere per tre giorni. Ci pagarono solo vitto e alloggio, ma a noi stava bene. E da lì si è aperto il rapporto; e negli anni siamo diventati marchin’ band ufficiale. Poi grazie a Umbria Jazz e al circuito dei festival siamo stati in Australia, negli Stati Uniti e in tanti altri paesi”.
“Ricordo – interviene Nicola Cipriani – la comunicazione che ci avevano accettato a Umbria Jazz ce la fece Fabio Stucchi nel marzo del 2003. Era il giorno in cui mi sono laureato: avevo spento il telefono e trovai tutti questi messaggi di Fabio Stucchi che dicevano richiamami c’è una cosa bella. Alla fine ci parlai e mi disse: vi hanno chiamato da Umbria Jazz. Dario in quel momento era a New York da un suo amico, mi chiamò per farmi le congratulazioni e io gli dissi. Dario, ti devo dire una cosa bellissima: siamo a Umbria Jazz.
“Facemmo questo debutto a Umbria Jazz nel luglio del 2003 – ricorda Giacomo Bassi -, e fummo confermati a Orvieto per l’ultimo dell’anno. Eravamo a Orvieto quando suonò il telefono di Nicola: era Renzo Arbore per Nicola dei Funk Off. Poi Gennaio 2004 New York, la partecipazione alla trasmissione di Renzo Arbore, febbraio 2005 Sanremo, maggio 2005 Australia, Melbourne. Poi tanti festival: Londra, Montreaux, San Paolo in Brasile.
Tutto questo coordinato da Umbria Jazz? In gran parte sì, è un circuito internazionale di festival. A quei tempi i funk off erano un unicum, non c’erano gruppi come come noi. Anche in America c’erano delle bellissime brass band, ma non gruppi come noi. Umbria Jazz ci ha fatto crescere così tanto, se hai degli appuntamenti fissi come più o meno abbiamo noi, sono stimoli. Ricordo la toccata e fuga in Brasile, a San Paolo. In tre o quattro giorni tra andare e tornare. Poi in Cina: Shangai e Pechino.
Parliamo delle vostre esibizioni, la più bella e quella più sfortunata. “A livello musicale la più bella – spiega Cecchini – è quella dalla quale è venuto fuori il live di Tokyo, l’unico disco live che abbiamo fatto: quelli sono i funk off, perché quando facciamo i dischi in studio qualcosa perdiamo nell’energia; magari si suona meglio ma si dà un po’ meno, lì si dà tutto”
“Ricordo – interviene Giacomo Bassi – una mattina in Sudafrica, mi vengono ancora i brividi a pensarci, a pensare ai bambini che suonavano con noi. Oppure il Primo Maggio a Roma, quando c’erano 300 mila persone davanti a noi”.
“La domenica pomeriggio del 2003 a Umbria Jazz – afferma Nicola Cipriani – , ai giardini Carducci. Quella è stata la svolta dalla prima fase dei Funk Off. Eravamo riusciti ad arrivare a Umbria Jazz. Eravamo ancora un gruppo sconosciuto ma riuscimmo ad avere una piazza strapiena di gente. La nostra seconda fase, quella che ci fa essere ancora insieme, forse inizia da lì: alle cinque del pomeriggio, con un caldo infernale. Alla fine di questo concerto ci abbracciammo tutti perché avevamo capito di aver fatto qualcosa di veramente importante. Tra le più emozionanti ricordo anche quella al festival di Sanremo, è stato veramente particolare”.
E la più sfortunata? “E’ quella – ricorda Cecchini – che non si è tenuta. Dovevamo andare a fare una turnèè di 15 giorni in Cina, dove avevamo già suonato, ma il periodo del Covid ha stroncato tutto il rapporto con questo paese”.
E poi ci sono anche gli aneddoti, anche divertenti, legati ai tantissimi concerti. “Una volta – racconta Cecchini – stavamo andando al primo maggio a Roma e avevamo l’appuntamento con i fiorentini a Incisa, avevamo due pulmini da nove e Nicola era con me. A Incisa ci siamo fermati a un bar e abbiamo preso gli altri. Poi siamo ripartiti e a un certo momento sento suonare il telefono, da un numero fisso: “Pronto? Dario sono Nicola. Oh Nicola dimmi. Ma come dimmi? Mi avete lasciato a Incisa”.
Guardiamo la cosa da un punto di vista locale. La scena culturale e musicale di Vicchio: il Jazz Club, Etnica che anche lei compie 25 anni. E’ un caso che la Funk Off sia nata proprio a Vicchio? O a Vicchio c’era un humus favorevole? “Noi – spiega Dario Cecchini – veniamo dalla banda, la banda è stata importante. lo era per Vicchio. Siamo cresciuti con la banda e questo ci ha aiutato molto a fare i Funk Off, perché tutti quelli che sono nei Funk Off, a parte Alessandro che era di San Piero, veniamo tutti dalla banda. Lo erano a loro volta i nostri genitori, qualcuno è stato anche costretto, da ragazzino. Inoltre a Vicchio abbiamo 2 grandissimi artisti concittadini come Giotto e Beato Angelico. Forse questo ha spinto i Vicchiesi ad avere grande rispetto per l’arte, in qualunque forma essa sia.”
“Per tornare al discorso della Banda – dice Bassi – io avevo il babbo capobanda, ma anni dopo l’ho ringraziato di avermi forzato ad andare a fare magari una processione i primi di giugno”.
“A Vicchio – conclude Nicola Cipriani – però qualcosa di speciale comunque c’è. L’unica scuola a indirizzo musicale della zona è a Vicchio, abbiamo il Jazz Club, del quale continuo ad essere un po’ l’animatore. Era esistito già un Jazz Club of Vicchio: era un gruppo di giovani degli anni ’50 (fra i quali il padre e lo zio di Dario) che si ritrovava in una cantina ad ascoltare musica. Il Jazz Club rinasce da quelle ceneri e lo abbiamo rifondato insieme a Dario. Quel tipo di musica nasce da questa impronta e da questo tipo di musica che prima non conoscevo. Si creano delle contaminazioni e delle connessioni.
Nicola Di Renzone
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 8 Luglio 2023