MUGELLO – Uscirà venerdì 22 giugno “It’s ok”, l’ultimo album dei Funk Off (articolo qui), la prima Funky marchin’ band italiana, Made in Mugello. Abbiamo intervistato il leader Dario Cecchini.
Questo è il settimo cd, che emozione vi ha trasmesso? Beh, da una parte ci siamo abituati, dopo quasi vent’anni di attività, dall’altra è una nostra creatura, frutto di un lavoro che dura in media tre anni, l’emozione non può mancare, nasce dal “suonare” e poi si sviluppa via via, nei concerti, nella creazione del nuovo album. E poi quando iniziamo a produrre il nuovo cd è anche il momento in cui nascono le canzoni per un nuovo album. Infatti, al prossimo concerto a Vicchio suoneremo due nuovi brani che non ci sono in questo ma, speriamo, nel prossimo.
Che storia ha questo cd? È un album totalmente nuovo, con brani scritti negli ultimi due, tre anni. Ha influenze rock che, sì, si sono già viste in altri cd ma in chiave nuova. È molto variegato e ne siamo molto soddisfatti. La band, poi, è migliorata tantissimo in questi ultimi anni e, devo dire, che suoniamo sempre meglio. Penso che questo album sia molto interessante ed offre varie sfaccettature sia musicali che espressive. Quando esce un nuovo lavoro vogliamo esserne soddisfatti noi per primi, e così è. In questo, ad esempio, ci sono alcuni brani “poco Funk off” che poi alla fine sono tra i nostri preferiti.
Avete collaborato con l’artista Federica Piazzetti (articolo qui), un’altra esperienza nuova. Com’è nata? Federica è di Vicchio, come noi, e mi chiese di potermi fare un ritratto, nel suo particolare stile. L’idea non solo mi piacque ma entusiasmò tutta la band, tanto che l’abbiamo coinvolta in questo progetto non solo facendole creare la nostra versione cartoon ma anche dandole in mano il layout del cd, insieme a Luca Bassani, il nostro batterista che si occupa anche della grafica del cd. Federica, quindi, si è trovata ad affrontare un nuovo lavoro con la grinta che la contraddistingue. Infatti, è stato facile lavorare con lei.
Cosa vi ha ispirato per la stesura di quest’album? Sai, la musica può essere ispirazione di se stessa. Poi a volte viene per caso, come nel pezzo three four one, che apre il disco. Nel finale c’erano due battute talmente carine che abbiamo pensato di farle cantare al pubblico, durante i concerti, a quattro voci. Non una cosa facilissima. E nel cd abbiamo deciso di inserirle facendole però cantare da un coro Gospel. Per noi incidere un album è un’esperienza divertente, certo lavoriamo duramente, però non ci prendiamo mai troppo sul serio, come quella volta che abbiamo deciso di registrare i cori dello stadio di Vicchio, solo per noi. Per ridere.
Qual è il brano a cui sei più legato? È come chiedere ad un padre qual è il figlio preferito, sono tutte mie creature. Però se dovessi sceglierne una forse sarebbe “It’s ok”, perché ha una melodia diversa rispetto ai brani in puro stile “Funkoff”. È un brano che mi è venuto in maniera semplice, lineare, in brevissimo tempo. Stavo aspettando un mio allievo al conservatorio, in ritardo di 10 minuti. Mi sono messo al piano e l’ho scritta e registrata col cellulare. È un brano che ha una grande solarità ma, allo stesso tempo, è malinconica come un piatto agrodolce.
Vent’anni di carriera e sette album. Cosa ti sentiresti di dire a chi vorrebbe sfondare nel mondo della musica? Non mi sento uno che ha sfondato. Sono solo una persona che ha lavorato seriamente sulla musica ed ha avuto la fortuna di trovare altre persone simili a lui con la stessa passione. Il mio consiglio è di studiare, impegnarsi , sviluppare la musica, far crescere la propria personalità e sicurezza, acquisire competenze e non avere paura di far fluire tutto dentro di sé.
Io vengo da una famiglia di jazzisti ma nella mia anima scorreva il Soul, il funk….mi ci è voluto del tempo per capire che erano tutte cose che potevano convivere. A quel punto mi sono lasciato andare nella composizione ed ho trovato la mia strada. Vorrei anche dire ai ragazzi di partire dalla musica e non dal cercare di diventare famosi, come si vede fin troppo spesso in tv nei Talent. Sono programmi che poco hanno a che fare con la musica e troppo con la realizzazione di un “prodotto”.
Irene De Vito
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 21 giugno 2018
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